giovedì 22 marzo 2012

Genoma & medicina personalizzata

Una evoluzione puramente tecnocratica della Medicina è quello che intimorisce maggiormente chi ritiene che essere riusciti a prolungare la vita biologica degli esseri umani non sempre ha prodotto una migliore e più consapevole comprensione  del senso e dell’origine della vita. Per molti secoli, almeno fino alla nascita della medicina moderna nel XIX secolo, originata dall'incontro fra il metodo sperimentale e le nuove scoperte raggiunte dalla fisica, dalla chimica e dall’ottica, filosofia e medicina erano state considerate come due materie complementari che, con strumenti diversi, studiavano l’uomo e le sue modificazioni corporee, senza però tralasciare il modo in cui la sua coscienza affrontasse i problemi legati alle varie fasi della vita e alle malattie, fino all’ineludibile momento della morte. La separazione fra i due mondi produsse nella medicina un nuovo approccio clinico basato sulla misurazione, sempre più tecnologica e corretta, di parametri numerici e quadri citologici specifici, in cui il paziente è solo apparentemente l’individuo al centro dell’indagine. Il suo stato di benessere e di salute risente infatti di sistemi di diagnostica e di cura farmacologica generici, costruiti intorno a una normalità che si fonda su studi in cui è essenziale investigare su grandi numeri di individui, che pur hanno in comune molto poco fra loro, se non la stessa malattia. Solo i recenti sviluppi della genetica, della biologia molecolare e della biochimica stanno riportando l’attenzione sull’esperienza umana, innegabilmente individuale, dando origine a un nuovo campo di ricerca. “La Società italiana di medicina personalizzata (SIMeP), che abbiamo riunito in convegno a Roma - chiarisce il suo presidente, Paolo Marchetti, ha come obiettivo principale la personalizzazione della medicina per ridurre le incidenze degli effetti collaterali negativi dei farmaci e dare una maggiore tutela per il paziente con un sensibile risparmio per i sistemi nazionali. È stato calcolato che la capacità di ridurre episodi ischemico-cerebrali in pazienti che fanno terapia anticoagulante sia possibile facendo una più adeguata valutazione dei polimorfismi dei geni che entrano nel controllo di questo farmaco. Inoltre, non bisogna pensare a questi studi solo in funzione dei farmaci, ma anche in termini di benessere e qualità della vita, a cominciare dalla resa sportiva". Nel nostro Paese la medicina personalizzata è ancora in fase iniziale: basti pensare che all'inizio del 2001 il costo della sequenza dell'intero genoma per una singola persona era di circa 300 milioni di dollari, contro i mille attuali.  Si tratta di terapie utilizzabili soprattutto in oncologia - spiega Maurizio Simmaco, segretario della SIMeP ed esperto di biologia molecolare - ma che diventano sempre più importanti da utilizzare in quelle che sono le patologie croniche e di cui i servizi sanitari pubblici si fanno carico per un grande numero di anni. La medicina personalizzata concilia etica e risparmio, due cose che normalmente non vanno d'accordo, e dunque rappresenta un'opportunità che certamente va sfruttata. Le nuove conoscenze generate dal sequenziamento del genoma umano - continua il prof. Simmaco - stanno modificando in maniera sostanziale il modo in cui ricercatori e medici guardano alle malattie, generando una nuova cultura che porterà a un'ottimizzazione dell'uso delle risorse farmacologiche, con lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, personalizzabili in base al profilo di espressione genica peculiare in ciascun Paziente”. L’obiettivo è lo sviluppo di un sistema condiviso tra scienze di base e scienze cliniche in cui a una diagnosi personalizzata segua una strategia terapeutica studiata per il singolo individuo. “Presto - aggiunge Paolo Marchetti - si riuscirà a sostituire la genericità dell'approccio clinico fondato sulla diagnosi e la cura della malattia, mettendo realmente al centro di specifiche analisi epigenetiche, genomiche e metabolomiche, il paziente cui verrà proposta una specifica strategia terapeutica, particolarmente adatta al suo profilo genetico. Si limiteranno così al minimo  gli effetti collaterali tossici delle terapie, senza dover pagare un prezzo in termini di riduzione dell'efficacia. È intuitivo l'impatto che si determinerà non solo sulla qualità della vita del paziente ma anche sulla ottimizzazione nella gestione delle risorse sanitarie, e la possibilità di effettuare una vera prevenzione pro-attiva. Nell’ultimo decennio la diagnostica genomica che ha consentito l'individuazione di molte associazioni affidabili tra variazioni nel DNA e nel pattern di espressione degli RNA e il rischio di sviluppo di malattia o la risposta individuale al trattamento farmacologico, permetterà d’intervenire in modo mirato per ridurre le possibilità di ammalarsi di patologie a cui si è geneticamente suscettibili o alleggerirne l’impatto sull’individuo”. Come spesso accade, però, il percorso dalla ricerca alla clinica non è sempre immune da ostacoli. Nonostante siano molti i test genetici per marcatori riconosciuti come validi nel predire determinate reazioni avverse ai farmaci, la maggior parte di loro non è ancora impiegata. Secondo gli esperti, per giungere all’introduzione di un test genomico nella pratica clinica c’è bisogno della fortunata combinazione di tre fattori: le prove di efficacia devono essere indiscutibili; i test di laboratorio devono essere costo-efficaci e affidabili; i risultati della ricercerca genetica, ma soprattutto i concetti e i metodi della Medicina Personalizzata, devono trovare un loro spazio nella cultura e nell’organizzazione del SSN. I primi due punti non sono irrealizzabili: molti marcatori genetici possono essere sicuramente identificati a costi contenuti.  Manca ancora però, un'armonizzazione a livello internazionale della terminologia in genetica e, da parte delle Autorità sanitarie, dei percorsi regolatori per i marcatori genomici. In sintesi, la rivoluzione che in questi anni è stata provocata dalla diagnostica molecolare e dal sequenziamento del genoma umano avrà come risultati il miglioramento della vita dei pazienti e l’ottimizzazione delle risorse. A credere fermamente che si potranno curare le malattie con terapie personalizzate, seguendo le istruzioni scritte nel nostro patrimonio genetico è il Canadian Institute of Health Research, tant’è che il Governo canadese ha stanziato 67,5 milioni di dollari per progetti di ricerca quadriennali di Medicina Personalizzata, mirati a scoprire perché alcuni individui reagiscono positivamente a una terapia medica e altri no e quindi a creare trattamenti “personalizzati”, sulla base dei fattori ereditari, ambientali e degli stili di vita. I risultati della ricerca aiuteranno i medici a escludere terapie che su alcuni individui possono rivelarsi inutili o addirittuta pericolose ma anche a favorire strategie di prevenzione e previsione delle malattie ereditarie. Tra le aree in cui l’approccio personalizzato è più promettente, la ricerca sul cancro, le malattie cardiovascolari, neurodegenerative, i disturbi psichiatrici, diabete, l’obesità, artrite e Alzheimer. Un giorno, forse, si potrà anche scoprire perché due persone che soffrono della stessa malattia non rispondono allo stesso modo a una terapia, e su questa base offrire una migliore assistenza sanitaria. In più, si potrà sperare di ridurre il rischio di effetti collaterali dei farmaci su individui sensibili. L’importanza di queste ricerche è anche a livello economico, perché cambiando il sistema di diagnosi e di trattamento delle malattie, si arriverà a una valutazione delle spese per l’assistenza sanitaria più puntuale e a un sistema di prevenzione che produrrà notevoli risparmi.
Tratto da La Pelle - 2012

Un cappero per curarsi la pelle

Utilizzato in cucina per impreziosire ed esaltare il sapore di tantissime pietanze, il cappero è conosciuto nell’area mediterranea sin dall’antichità. I primi riferimenti all’utilizzo del cappero a fini culinari e medicali si trovano infatti addirittura nella Bibbia, negli scritti di Aristotele e di Plinio il Vecchio. Oggi questo prezioso alimento costituisce una risorsa importante per la nostra economia, uno di quei cosiddetti prodotti di eccellenza che aggiungono lustro alla nostra terra, tanto che sono oltre 1000 gli ettari coltivati a cappero tra la Liguria, la Puglia, la Campania e soprattutto la Sicilia. In particolare è l’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, a essere diventata negli anni uno dei centri di produzione più rinomati al mondo, tanto che la Capparis Spinosa qualità Tondina, la pianta da cui appunto si preleva il cappero più comune, è entrata a far parte del paesaggio locale di questa terra. Del resto la caratteristica principale di questo arbusto sempreverde è quella di preferire i substrati calcarei, e quindi di nascere spontaneamente sulle rupi calcaree, nelle falesie, su vecchie mura, formando cespi con rami ricadenti lunghi anche diversi metri che abbelliscono case e antiche costruzioni. Rispetto a questa qualità spontanea, quella coltivata è più rigogliosa. Essa si propaga per seme o preferibilmente per talee (si taglia cioè una parte della pianta e la si sistema in un vaso pieno di terra dove rigenera la parte mancante) che si eseguono in estate, inserendo in una cassetta piena di sabbia e torba un pezzo di ramo di 7-10 cm. Una volta formatesi le radici, si prelevano le piantine e si inseriscono in vasetti di circa 10 cm di diametro. Più difficile la propagazione per semi. Essa avviene in cassette, anch’esse piene di torba e sabbia, lasciate all’aperto nel periodo estivo e riparate in autunno/inverno. La semina può avvenire anche nelle fessure di muri a secco ben esposti al sole in autunno. Occorre però inserire i semi in un pò di muschio o in un fico maturo in modo da proteggerli d'inverno e tenerli umidi. Quale sia il metodo scelto, una volta ottenute le piantine (attorno a maggio/giugno) se ne prelevano i boccioli ancora chiusi (quelli che comunemente chiamiamo capperi) e li si conserva in macerazione sotto sale o sotto aceto. Più raramente si consumano anche i fiori che hanno un sapore simile ma più delicato e prendono il nome di cucuncio, cocuncio o capperone. In ambito culinario si utilizzano anche le giovani foglie come insalata, dopo averle bollite per pochi minuti. Ma i capperi non sono solo un ottimo alimento: essi hanno infatti anche numerose qualità mediche dovute in primis al fatto che contengono più quercetina in rapporto al peso di ogni altra pianta. Questa è un inibitore naturale di vari enzimi intracellulari e un antiossidante naturale. Tra le sue funzioni più importanti: ripristina il tocoferolo (Vitamina E), dopo che  si è trasformato in radicale libero, disintossica la cellula dal superossido e frena la produzione di ossido nitrico durante le infiammazioni. In erboristeria è utilizzata la corteccia della radice i cui principi attivi hanno proprietà diuretiche e protettrici dei vasi sanguigni. Può essere utilizzata nella cura di gotta, emorroidi e varici. Un infuso preparato con radici di cappero e germogli giovani era utilizzato in medicina popolare per alleviare i reumatismi. Recentemente si è appurata, per gli estratti secchi da frutto di Capparis (specie se associati a Olea europea, Glycyrrhiza glabra e Ribes nigrum) un'attività antiossidante cutanea, antiflogistica e antistamino-simile, valida nelle dermatopatie allergiche.

Anche la crioterapia diventa low cost


In medicina ci sono diverse certezze. Una di queste è che la crioterapia è una metodica efficace per il trattamento di lesioni cutanee superficiali di natura benigna e premaligna. L’uso del freddo in medicina è prassi piuttosto antica; soltanto in tempi relativamente recenti si sono chiariti alcuni meccanismi che hanno permesso di perfezionare le tecniche e scegliere più accuratamente le indicazioni. Le alterazioni biologiche che seguono all’abbassamento della temperatura dei tessuti sono diverse se questo è lento o rapido. Il congelamento lento determina la formazione di cristalli di ghiaccio extracellulari, mentre quello rapido produce ghiaccio intracellulare. Il congelamento lento è un’evenienza poco controllabile in quanto è molto difficile valutare la profondità e l’estensione del danno prodotto. Per esemplificare, il congelamento lento è quello che avviene in montagna o nei climi particolarmente freddi allorché, al pallore della superficie cutanea segue una necrosi massiva della regione interessata: è evidente che tutto ciò non può avere fini terapeutici. Il raffreddamento rapido, invece,  provoca un congelamento dell’acqua intracellulare, riduzione degli ioni, alterazione delle proteine e degli enzimi con sconvolgimento degli scambi di membrana. Tutto ciò si traduce in un danno tissutale molto più preciso e controllabile tanto che, nei tempi di applicazione terapeutici, si ottiene sempre un distacco dermo-epidermico senza danno al derma e quindi una guarigione senza cicatrice. Il danno tissutale è dovuto sia ad effetti diretti sul tessuto sia alla stasi venosa che si instaura dopo lo scongelamento. I massimi effetti distruttivi sono determinati da cicli ripetuti di congelamento e scongelamento in quanto ad ogni ciclo c’è un richiamo d’acqua e la maggior quantità d’acqua facilita la trasmissione del freddo. La crioterapia può essere usata come trattamento di scelta, come metodo alternativo e in aggiunta ad altre terapie. Fra le lesioni benigne trattabili, alcune sono di interesse prettamente estetico quali le lentigo solari e senili, le cheratosi seborroiche e attiniche, i fibromi penduli, l’acne (volgare, cistica, cheloidea); altre patologie di interesse dermatologico sottoponibili a crioterapia sono le verruche sia piane che volgari, i condilomi, le discheratosi e gli epiteliomi basocellulari superficiali. L’azoto liquido (-196°C) è oggi il criogeno più usato e versatile: permette la tecnica a bastoncino, la tecnica spray e quella mediante sonde a contatto. Attualmente si tende ad abbandonare la procedura a bastoncino in quanto molto imprecisa e piuttosto rischiosa in quanto di difficile valutazione. Nell’ambulatorio medico l’azoto liquido viene conservato in contenitori/dewar dai quali può essere facilmente immesso negli apparecchi di crioterapia ricorrendo alla tecnica spray o a contatto. Gli apparecchi di crioterapia più utilizzati sono il CryAc americano e il CryoPro danese. L’azoto liquido è il criogeno più aggressivo e quindi necessita di particolare attenzione nell’utilizzo. Di particolare interesse in crioterapia è l’uso del protossido d’azoto (-89°C). Questo gas, a differenza dell’azoto, può essere sigillato in bombole/cartucce di piccole dimensioni che consentono quindi la messa in commercio di apparecchiature di proporzioni molto ridotte. Ne consegue non solo una estrema maneggevolezza ma anche una vantaggiosissima facilità di trasporto dello strumento nel caso, ad esempio, di eventuali interventi in ambulatori diversi. La quantità di protossido di azoto contenuto in una bombola, nonostante le piccole dimensioni degli strumenti, è comunque tale da permettere un elevato numero di trattamenti. è evidente che l’interesse predominante dell’uso del protossido d’azoto risiede nella bassa temperatura del gas e nell’efficacia terapeutica che ne deriva.

Conservanti sì conservanti no

C’è chi sostiene che la vera bellezza del viso di una donna traspaia solo quando è senza trucco. Secondo altri, al contrario, ogni volto a suo modo è dotato di bellezza e un make-up ben eseguito non fa che esaltarne le peculiarità che già possiede, dando la possibilità a chiunque di apparire attraente. Che si preferisca un effetto naturale o viceversa più sofisticato, è indubbio che ogni donna oggi utilizza per la propria immagine numerosi prodotti cosmetici che vanno da una semplice crema per il viso all’ombretto più tecnologico. Anche perché, come dicono tanti professionisti dell’immagine, il vero look acqua e sapone non è mai esistito e anzi per essere realizzato necessita dell’utilizzo di parecchi prodotti. Ed è qui che sorgono i problemi: i prodotti di make up sono in larga parte anidri e ricchi di pigmenti organici e inorganici e la loro persistenza protratta nel tempo sulla pelle, può creare diversi problemi in quanto eventuali impurità e molecole potenzialmente nocive, diluite col sudore possono penetrare nello strato corneo. I metalli pesanti, tra cui il Nichel in primis, sono per esempio impurezze molto frequenti nei cosmetici ed è ormai stranoto come possano essere la causa di allergie anche gravi e avere effetti nocivi su tutto l’organismo. Un altro fattore di rischio è costituito dai conservanti necessari affinché i prodotti che si utilizzano durino nel tempo. Proprio su questa componente delle formulazioni in commercio andrebbe fatta un pò di chiarezza. Innanzi tutto va detto che i cosmetici che hanno conservanti sono quelli che contengono anche acqua. Gli olii e il burro di cacao a esempio non ne hanno bisogno. Inoltre è necessario capire che i conservanti, quando sono presenti, svolgono l’importante compito di preservare un prodotto nel tempo esattamente come quelli contenuti nei cibi. Essi combattono i microorganismi come i batteri e non permettono alle muffe di attecchire. La loro presenza quindi appare quasi necessaria soprattutto dopo l’apertura del prodotto, quando cioè il rischio contaminazione è più alto. Un cosmetico deteriorato può causare gli stessi rischi di infezione e allergia di uno che non rispetta i parametri sulle numerose sostanze tossiche cui abbiamo accennato pocanzi. I rischi per i conservanti semmai esistono quando le aziende che producono i cosmetici non rispettano le norme già vigenti e quindi eccedono nel loro quantitativo. Anche in questo caso però va fatta una precisazione: non è l’elevato numero di conservanti a creare problemi bensì il quantitativo superiore alla norma di anche uno solo di essi. Esistono comunque anche dei conservanti nocivi tout cort e per questo non ammessi dalla legge. Il Kathon ad esempio è uno di questi. Si tratta di un battericida di sintesi ad ampio spettro, attivo anche a bassi dosaggi, considerato un forte sensibilizzante. Il Quaternium 15 è un’altra sostanza antisettica altamente tossica costituita da un sale di ammonio quaternario. Esso rilascia formaldeide e produce sensibilizzazione come anche l’Imidazolidinyl urea. Discorso a parte meritano i parabeni, largamente usati nelle formulazioni cosmetiche. Molti studi hanno dimostrato che queste sostanze penetrano nella pelle e possono essere rintracciati nel sangue anche per qualche minuto dopo l'applicazione. Ancora oggi è dibattuto se si tratti di sostanze nocive o meno. Il Comitato Scientifico dell’Unione Europa per la Sicurezza del Consumatore (SCCS), formato da ricercatori e scienziati col compito di formulare pareri sui rischi per la salute e la sicurezza dei prodotti di consumo, nel 2010 ha condotto uno studio sul butyl-paraben e il propyl-paraben. Poiché i dati non erano sufficienti a trarre conclusioni sugli effetti delle sostanze sul sistema ormonale, il SCCS ha concluso che il loro uso è sicuro fino a una concentrazione dello 0.19%. Peccato però che oggi la legge consenta l'utilizzo di concentrazioni più elevate, fino allo 0.4% per gli esteri e fino allo 0.8% per le miscele di esteri. Mentre sono risultati completamente sicuri il methyl-paraben e l'ethyl-paraben. Famoso poi lo studio della biologa Philippa Darbre, dell'università di Reading (Regno Unito) pubblicato nel 2004 sul Journal of Applied Toxicology, secondo cui ci sarebbe una corrispondenza (ma i test sono stati eseguiti solo su venti soggetti) tra l’utilizzo di sostanze contenenti parabeni e l’insorgenza di tumore al seno. Verità o allarmismo? Ad oggi non esiste sicurezza e del resto la scelta di moltissime aziende cosmetiche di ripiegare su sostanze naturali per la conservazione di propri prodotti sembra comunque essere ispirata da una sana prudenza. Tuttavia non sempre la nomenclatura “naturale” corrisponde a una reale mancanza di conservanti e anche se vige l’obbligo di esporre sull’etichetta l’elenco di tutte le sostanze che compongo la formulazione, non tutti sanno a cosa corrispondono le tante sigle che in essa appaiono. L’unica soluzione resta, almeno per i parabeni, di preferire i prodotti che hanno la dicitura Parabens Free e soprattutto di comprare prodotti certificati che hanno nella provenienza sicura la più importante garanzia sulla loro composizione.

Il massaggio alle erbe tailandesi

Ci sono tecniche di massaggio che appartengono a più tradizioni culturali. È il caso del massaggio con i sacchetti alle erbe che troviamo sia nella tradizione Ayurvedica con il nome di Ilakkizhi o Patrasweda che in quella Tailandese dove invece si chiama Luk Pra Kob. Quale dei due è nato prima? Le origini di questa tecnica si perdono nei recessi della storia e in molti casi sconfinano nella leggenda. Se si volesse datarne la nascita, essa andrebbe fatta risalire a circa 2500 anni fa, per merito di Shivago KomarpaJ medico del nord dell’India amico di Budda. Pare che inizialmente le basi di questo massaggio, come di tutte le altre tecniche, fossero tramandate oralmente dai maestri per poi essere finalmente trascritte su foglie di palma. Tali scritti, parte dei quali ancora intatti, furono venerati come testi sacri per moltissimo tempo e furono raccolti attorno al 1800 dal re della Tailandia Rama III, che non solo ne favorì lo studio nel suo regno ma 32 anni più tardi, diede una raffigurazione visiva dei punti energetici su cui il massaggio agisce, facendoli incidere su 60 lastre in pietra. Oggi, per vedere questo monumento al benessere, basta recarsi a Bangkok, nel tempio Phra Chetaphon, meglio conosciuto come Wat Po, dove tali lastre sono raccolte. Per chi desidera apprendere l’insieme di tutte le regole del massaggio tailandese c’è bisogno di anni di studio e di pratica. Non si tratta infatti di un massaggio propriamente rilassante in quanto, come è noto, richiede l’utilizzo di gomiti, ginocchia e mani e prevede una energica stimolazione di centri nevralgici del corpo (Sen) che se premuti in modo sbagliato possono causare dolore anche intenso. Questo rende la tecnica alla portata solo di operatori qualificati. Più facile da praticare e con meno conseguenze, il massaggio con i sacchetti di erbe di cui si parlava all’inizio. Questa tecnica se da una parte infatti prevede la stimolazione degli stessi punti energetici, dall’altra utilizza movimenti più morbidi e leggeri (tanto da essere indicata anche nel trattamento di soggetti affetti da osteoporosi) effettuati attraverso la pressione di sacchetti di erbe essiccate dall’effetto rilassante. I sacchetti contengono curcuma, che aumenta l’elasticità della pelle, canfora, che tonifica i vasi sanguigni, tamarindo e zenzero per un’azione energizzante. Per aumentare l’effetto benefico delle erbe, l’operatrice provvede prima di iniziare, a scaldare i sacchetti. Il calore ha l’effetto di dilatare i pori della pelle permettendo alle proprietà delle erbe di penetrare in profondità agendo sulle impurità della pelle, la ritenzione idrica e rilassando muscoli e nervi. 

Quando l’aloe veniva venerata

Gli indigeni Guanci, i primi esseri umani insediatisi nelle isole Canarie, consideravano sacra l’Aloe vera probabilmente per le sue numerose proprietà benefiche. Erbania oggi propone Aloe Mix: trattamento Viso, Collo e Decolleté che combina l’Aloe Barbadensis Miller (Vera) di Fuerteventura con ingredienti naturali diversi in base alle esigenze dei clienti e agli step che lo compongono. Il protocollo fonde il trattamento in cabina a opera della professionista con i gesti di cura quotidiana che la cliente compie a casa. Si inizia con una detersione in 2 fasi: prima usando il Latte Detergente con il 50% di Aloe Vera per rimuovere trucco e impuritá; poi col Gel Esfoliante Aloe Vera (60%) e Semi di Albicocca: peeling profondo che migliora la tonicità della pelle svolgendo azione rilassante anche grazie a Calendula e Melissa. Dopo il risciacquo si effettua l’impacco di Aloe pura, il Gel Fresco 90% con Rosa Mosqueta: purificante, nutritivo, cicatrizzante, antinfiammatoria e antiradicali. Dopo una posa di 15 minuti si consolida l’efficacia antisettica e antibatterica dell’impacco con l’Estratto Fresco Spray col 99% di Aloe Vera da vaporizzare sulla cute per rinfrescarla e nutrirla. Infine, l’idratazione su misura. 2 esempi: Aloe Vera e uva, dall’azione antimacchia che funge da rigeneratore cellulare grazie all’Acemannan dell’Aloe e neutralizza i radicali liberi grazie al Resveratrolo dell’Uva; Aloe Vera e veleno di serpente per un lifting naturale che associa alle proprietà dell’Aloe l’effetto tensore dell’attivo del veleno di serpente. Il percorso è personalizzabile con altri prodotti della linea come gli Olii Essenziali: Argan, Calendula, Rosa Mosqueta, Albero del Té. Completa la cliente a casa con la detersione più adatta scegliendo tra 5 Saponi Naturali.

Se l’individuo si strappa i capelli

Ci sono dei termini che apparentemente sembrano alludere a qualcosa di piacevole e divertente ma che invece nascondono qualcosa di estremamente tragico. Avete mai sentito parlare per esempio di tricotillomania? A sentirlo sembra che si intenda qualcosa che parla di campanelli. Invece è il nome medico di una mania compulsiva che induce chi ne è affetto a strapparsi i capelli. Certo, penserete voi, probabilmente è una patologia semi sconosciuta e rarissima. Sbagliato di nuovo. In realtà è una condizione molto più diffusa di quanto si creda e porta a stati di alopecia. Questo è sicuramente un termine più noto e che spaventa di più, e va aggiunto che il danno estetico è variabile e spesso nettamente demarcato. Generalmente le zone più colpite dagli “strappi” sono sopra la fronte e al centro della testa, ma possono essere interessate anche le ciglia, le sopracciglia e, negli uomini, la barba. Una variante della patologia è la tricocriptomania in cui i capelli più che strappati vengono spezzati. A questi due comportamenti compulsivi se ne possono associare altri altrettanto allarmanti. Alcuni soggetti per esempio masticano e deglutiscono i peli rimossi, azione che può causare il formarsi di masse di pelo nel condotto gastrointestinale che a loro volta possono generare ostruzioni, pancreatiti acute o emorragiche. Quali sono i soggetti più a rischio? Le statistiche dicono che a essere i più colpiti sono i bambini ma anche gli adulti che, più o meno coscientemente, attorcigliano, tirano e strap­pano ciocche di capelli con le dita. Se vi capitasse una cliente che presenta sulla testa chiazze senza capelli o con i capelli spezzati di forma irregolare e bizzarra, allo­ra probabilmente potrebbe essere affetta da uno di questi disturbi di cui abbiamo parlato. Inutile comunque chiederlo a lei: più di un terzo dei pazienti nega che l'alopecia sia autoindotta. Per diagnosticarla consigliatele di rivolgersi a un tricologo o a un dermatologo esperto che effettuerà studi al microscopio sui capelli spezzati o sulle aree che ne sono sprovvisti e comparazioni con altre forme di alopecia o in casi estremi una biopsia. Anche se la tricotillomania è attualmente classificata come un disturbo del controllo degli impulsi, questa definizione non sembra applicarsi pienamente ai soggetti più piccoli. Chi si strappa i capelli, infatti, prova un momento di grande stress poco prima di farlo e subito dopo una momentanea pace ma i bambini tendono a farlo durante la lettura, lo studio o al riposo a letto. Insomma, ancora non è chiara la causa di questa affezione che in genere è cronica, resistente alla terapia e soggetta a recidive. Esiste una terapia? Sì e si basa sul colloquio col medico, sull’uso di ansiolitici e antidepressivi, e in casi più gravi sul ricorso allo psichiatria. 

Il Mandorlo: l’albero dell’amor perduto

Narra un’antica leggenda che alla fine della guerra di Troia, la principessa tracia Fillide morì di dolore credendo che il suo amato Acamante fosse caduto in battaglia. La dea Era, allora, impietosita per la sofferenza della ragazza, la trasformò in un albero scheletrico, eterno simbolo di un amore finito. Tuttavia, quando Acamante che in realtà era vivo, venne a conoscenza del triste destino della sua amata, corse piangendo ad abbracciare l’albero e, per incanto, le sue lacrime fecero sbocciare sui rami dei bellissimi germogli bianchi. Da allora il mandorlo è il primo albero a fiorire alla fine dell’inverno. Con una triste favola la mitologia greca spiega l’origine di una delle piante più diffuse nel nostro paese ma proveniente da una vasta area  compresa tra il mare Egeo e l’Asia centro-occidentale. Conosciuto sin da tempi remotissimi (alcune mandorle sono state trovate in Egitto nella tomba di Tutankamon risalente al 1325 a.C. circa), è nella tradizione ebr­aica che questa pianta assume un ruolo simbolico di primaria importanza, rappresentando, per la sua precoce fioritura, la resurrezione. Non a caso la menorah, il candelabro ebraico a sette bracci, altro non è che una sua stilizzazione. Il nome botanico del mandorlo è Prunus dulcis oppure Amygdalus communis. Si presenta come un albero alto fino a 5 metri che presenta radici a fittone e fusto  dritto, liscio e di colore grigio-marrone in basso, contorto, screpolato e scuro più in alto. Dotato di foglie lunghe fino a 12 cm, ha fiori bianchi o leggermente rosati che sbocciano in genere all'inizio della primavera, e se il clima è mite, anche tra gennaio e febbraio. Il suo frutto è la mandorla, rinomata in gastronomia ma anche in cosmesi. Da essa infatti si ricava una sostanza farinosa utilizzata per creme e detergenti cutanei, oltre a diverse qualità di olio dalle proprietà protettive ed elasticizzanti. Quello più famoso è sicuramente l’olio di mandorle dolci, adatto sia per la pelle dell’adulto che per quella più delicata del bambino. Efficace nella prevenzione delle smagliature tanto da essere frequentemente applicato durante la gravidanza su addome, seno, cosce e fianchi, sotto forma di impacco prima dello shampoo, può rinvigorire i capelli secchi, sfibrati dal sole e dalla salsedine. Se miscelato con alcune gocce di un olio essenziale, essendo un ottimo veicolo per le poprietà di quest’ultimo, è particolarmente indicato per effettuare massaggi.   

CORSO DI FORMAZIONE GRATUITO PER DENTISTI E ODONTOIATRI


Dermal Medical Division organizza
“La radiofrequenza in odontoiatria:
estetica del sorriso e dei tessuti peri-orali del viso”


Dermal Medical Division, azienda produttrice di apparecchiature elettromedicali specifiche per la dermatologia e l’odontoiatria, organizza in collaborazione con FE.MA, un corso di formazione gratuito per dentisti ed odontoiatri intitolato: “La radiofrequenza in odontoiatria: estetica del sorriso e dei tessuti peri-orali del viso”. 
Dermal Medical Division, da sempre attenta alle nuove esigenze di mercato, desidera  illustrare l’applicazione dei propri macchinari di estetica medicale (radiofrequenza e luce pulsata) in campo dentistico ed odontoiatrico. “Vogliamo offrire nuove opportunità di business agli studi dentistici che desiderano ampliare i propri servizi e metterli in grado, grazie alle nostre tecnologie Med-RF e Med-Lite, di prendersi cura del sorriso a 360°. Si tratta di un valore aggiunto per la loro professionalità che li mette in condizione di soddisfare anche le esigenze estetiche dei propri clienti.” dice Massimo Delle Grazie, direttore generale Dermal Medical Division.
Il corso, della durata di 4 ore, prevede l’assegnazione di 4 crediti ECM. e si svolgerà in modalità FAD (frequenza a distanza) prefiggendosi di illustrare l’opportunità di associare la cura del sorriso a quella dei tessuti molli del viso. Questo grazie ai trattamenti sicuri e non invasivi di Dermal Medical Division quali la radiofrequenza - una tecnologia che interviene sui segni del tempo e sul rilassamento cutaneo svolgendo un’azione antiaging, rassodante e rimodellante dei tessuti - e alla luce pulsata, specifica per l’epilazione progressiva permanente, il fotoringiovanimento cutaneo e la cura di inestetismi della pelle quali macchie cutanee, lesioni pigmentate, couperose e acne. 

Per informazioni e adesioni contattare Roberta Collina

tel. 051.6823011 o info@dermalmedical.it

“AGGIORNAMENTI IN FLEBOLOGIA e utilizzo del Laser KTP nelle patologie dermovascolari”

25 Maggio 2012 Torino, Presidente Dr. Roberto NobileIl corso si prefigge di affrontare argomenti di Flebologia, partendo dalla diagnostica, continuando con la terapia chirurgica e terapia anestesiologica operatoria e post-operatoria, affrontando la diagnosi differenziale con patologie di competenza ortopedica e, affrontando anche, una tematica poco trattata in occasione di corsi di aggiornamento quale le varici in gravidanza. A margine saranno presentati argomenti di flebologia minore e dermatologia da trattare con l’ultima novità nel campo dei Laser, il Laser KTP.
L’evento è stato registrato presso il Programma Nazionale di Educazione Continua in Medicina (ECM) del Ministero della Salute per le categorie Medici (nelle discipline di Medicina Generale, Chirurgia Generale, Chirurgia Vascolare, Dermatologia e Venereologia, Ortopedia, Anestesia) e Infermieri.
Evento n. 2423- 306111. Sono stati assegnati n. 8 crediti formativi per ciascuna categoriaInfo e iscrizioni:Provider ECM e Segreteria Organizzativa
SWING’APOLOGY SASProvider Ecm  n. 2423 AGENAS ALBO NAZIONALE PROVIDER
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